Lug 5, 2008
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In 65 mila per Ligabue a San Siro

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L’estate di Ligabue comincia in una notte calda e appiccicosa fra le braccia di San Siro per la sesta volta nella sua carriera. E’ il primo stadio del suo nuovo viaggio, stasera bisserà (120 mila i fan messi insieme in questa prima doppietta: un parterre da record, vista anche la crisi che sta toccando l’industria della musica dal vivo) per poi proseguire con altre sei notti, compresa quella dell’Olimpico il 18 (ci sono ancora posti disponibili per la curva), a provare che l’unico che può tenere il ritmo di Vasco è nato a soli 70 chilometri da Zocca, ovvero che è lui, il Liga da Correggio.

Due ore abbondanti, classicamente antologiche. Del resto, un concerto di fronte a tanto pubblico non può che essere un racconto autobiografico che mette in vetrina tutti i successi di una carriera, senza stare troppo a badare se lo spunto immediato per tornare in pista a così breve distanza è l’uscita di Secondo tempo (nei negozi dal 30 maggio), il best che ha messo insieme i successi che vanno dal ’97 al 2005 con l’aggiunta di tre inediti (Il centro del mondo, Il mio pensiero e Ho ancora la forza, scritta con un altro emiliano, Francesco Guccini). Naturalmente i pezzi nuovi fanno parte del menù che apre subito con uno dei brani migliori del repertorio del Liga, Certe notti (stare allo stadio, con decine di migliaia di fans che ti osannano, è proprio una di quelle ”certe notti”) e chiude, sudato a torso nudo dopo aver lanciato una sorta di monito politico («questo Paese non è di chi lo governa ma di chi ci abita») con Buonanotte all’Italia, una sorta di epitaffio sulla nazione, dove parole e musica sono accompagnate da una sfilata di immagini che appartengono alla nostra storia da Falcone e Borsellino a Fabrizio De André e Giorgio Gaber (ma dal montaggio, già utilizzato nei concerti del ”primo tempo”, è sparito Lucio Battisti perché la vedova, Maria Grazia, affetta da una sorta di febbre negazionista, vieta a tutti e a tutto il permesso di utilizzare il marito). Un richiamo che fa il paio coi primi dieci articoli della Costituzione proiettati sul mega schermo da 300 metri quadrati («servono a far pensare la gente» dice l’artista) mentre suonano le note di Non è tempo per noi.

Anche il palco è pieno di riferimenti. Allegorie ecologiche (i pannelli solari, le pale eoliche, le cisterne). Offre pure un messaggio di ottimismo nel suo essere costruito come una rampa di lancio («verso il futuro»). E c’è posto perfino per una nota polemica sui problemi acustici di San Siro con una frase che rivendica: «Il rock dovrebbe essere suonato al volume che serve». Invece, qui a San Siro, siamo di nuovo ai ferri corti con gli abitanti del quartiere, specie dopo il concerto di Bruce Springsteen che ha sforato di parecchio sia sui decibel sia sull’orario di chiusura imposto (le 23,30). E, allora, Luciano viaggia con il cronometro, vietato sforare, pena il bando della musica dallo stadio più musicale d’Italia. Sale in scena alle 21,10 in punto (dopo aver dato spazio a una serie di band giovani, fra cui i bravissimi romani Greenwhich), e la scaletta prevista ci sta tutta, con i venticinque titoli che la band decisamente gagliarda e ben organizzata (con la chitarra di Federico Poggipollini in evidenza e un nuovo robusto batterista, l’americano Michael Urbano) ripassa dando forza e dinamica a un repertorio che, se ha un difetto, è quello di assomigliarsi parecchio.

Sfilano classici come Hai un momento Dio?, A che ora è la fine del mondo?, Libera nos a malo, Balliamo sul mondo. Per ogni pezzo c’è il corredo di una storia visiva, dalle citazione di Radiofreccia, alla ginnasta che su una pertica si produce in evoluzioni acrobatiche, al fido Maioli che, come vuole la consuetudine, appare in una clip dove balla I feel good di James Brown, fino ai fuochi artificiali che chiudono la serata con voluta enfasi. Il tour è avviato, andrà avanti per tutto luglio e avrà una coda conclusiva all’Arena di Verona dove, a partire dal 25 settembre, Liga tornerà accompagnato dall’orchestra d’archi del teatro (70 elementi) per un numero imprecisato di date (stando alle sue fissazioni cabalistiche potrebbero essere sette). Quindi meritato riposo (magari pensando al nuovo progetto cinematografico a dieci anni da Radiofreccia). Di musica, con un disco nuovo di inediti, non si parlerà prima del 2010.

Fonte: www.ilmessaggero.it

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